Migranti, Rifugiati, Richiedenti Asilo?
Se si è cittadini adulti di un Paese terzo, i diritti e i doveri a cui è necessario attenersi, nonché la loro portata, variano in base a due aspetti legali fondamentali: 1) permanenza all’interno del territorio di uno Stato in maniera regolare o irregolare, 2) status migratorio a cui è possibile accedere.
Presentiamo, di seguito, una lista contenente alcune delle condizioni che consentono l’ingresso e la permanenza all’interno di uno Stato (Membro UE) in maniera regolare.
- L’ingresso nello Stato (Membro UE) è stato autorizzato dalle autorità competenti
- Si è in possesso di tutti i documenti richiesti e tutti i requisiti ai sensi della legge (UE) risultano soddisfatti al momento dell’ingresso (Regolamento 399/2016 Codice delle Frontiere Schengen Articolo 6; Regolamento 810/2001 Codice dei Visti; Regolamento 1806/2018 Elenco)
- L’ingresso e/o la permanenza all’interno del territorio di uno Stato (Membro UE) sono avvenuti irregolarmente, ma è stata presentata domanda di protezione internazionale. In questo caso, a seguito della presentazione della domanda di protezione internazionale, e per tutto il periodo necessario per la valutazione della domanda, la presenza nel territorio dello Stato (Membro) responsabile di tale valutazione è ritenuta regolare. In caso di respingimento della domanda di protezione internazionale da parte dell’autorità competente in ambito amministrativo o giudiziario, e di successiva decisione di appello contro tale esito negativo, la permanenza all’interno del territorio è considerata ugualmente regolare fino al momento di emissione di una decisione definitiva sul caso da parte dell’autorità competente.
Le condizioni sotto riportate, invece, presentano alcuni esempi di ingresso e permanenza irregolare all’interno di uno Stato (Membro UE).
- La presenza sul territorio di uno Stato (Membro) non soddisfa, o non soddisfa più, le condizioni di ingresso come definite dall’Articolo 5 del Codice Schengen o eventuali altre condizioni di ingresso, permanenza o soggiorno all’interno di tale Stato (Membro)
- L’attraversamento di un confine internazionale è avvenuto in assenza della documentazione e/o delle autorizzazioni necessarie rilasciate dalle autorità competenti
- L’ingresso nel territorio di uno Stato Membro è avvenuto regolarmente, ma il visto/la documentazione sono scaduti e non sono stati rinnovati
- Le informazioni fornite alle autorità competenti per il rilascio del visto o di altro documento di viaggio sono false o fraudolente
- È stata presentata una domanda di protezione internazionale che ha ricevuto una risposta negativa definitiva da parte delle autorità competenti.
Non esiste una definizione universalmente condivisa del termine migrante. L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) definisce migrante “qualsiasi persona che varchi (o abbia varcato) un confine internazionale, o che si sposti (o si sia spostata) all’interno di uno Stato lontano dal proprio luogo abituale di residenza, indipendentemente (1) dallo stato legale della persona stessa; (2) dal fatto che lo spostamento sia volontario o involontario; (3) dalle cause dello spostamento; o (4) dalla durata della permanenza”. La definizione di migrante data dall’UNHCR si focalizza maggiormente, invece, sulle ragioni causali della partenza: “Termine generico che indica chi sceglie di lasciare il proprio Paese per stabilirsi, temporaneamente o definitivamente, in un altro Paese. Tale decisione, che ha carattere volontario, anche se spesso è indotta da misere condizioni di vita, dipende generalmente da ragioni economiche ed avviene cioè quando una persona cerca in un altro Paese un lavoro e migliori condizioni di vita”.
Al di là delle definizioni più o meno rigide della figura di rifugiato, il punto di riferimento nella legislazione internazionale in materia di rifugiati è rappresentato dalla Convenzione di Ginevra del 1951, relativa allo Status dei Rifugiati. L’Articolo 1(A)2 definisce rifugiato “Colui che, temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova al di fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese, ovvero che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.
Un richiedente asilo o, più precisamente, un richiedente protezione internazionale, è un cittadino di un Paese terzo che possiede un timore fondato di persecuzione o di subire un danno grave e che, sulla base di tale timore, non vuole tornare al proprio Paese di origine e che, dunque, ha presentato domanda, oppure ha manifestato la propria intenzione a presentare domanda per lo status di protezione internazionale nel territorio di uno Stato Membro.
Nel contesto della legislazione UE sull’asilo, la Direttiva 2011/95/UE (Direttiva sull’Attribuzione della Qualifica) sancisce che la protezione internazionale prevede due distinti status di protezione, che garantiscono l’accesso a diritti e doveri a diverso titolo: lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria.
Articolo 2(d): “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12;
Articolo 2(f): “persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese.
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile promuove una riconsiderazione generale del fenomeno migratorio, nonché una rivisitazione delle classificazioni ormai consolidate che hanno caratterizzato finora la mobilità umana. In particolare, sottolineando il concetto di universalità come elemento chiave da tenere in considerazione, l’Agenda 2030 si discosta dalla categorizzazione tradizionale di Paese di Origine, di Transito e di Destinazione, per abbracciare e promuovere una visione maggiormente “olistica”, nella quale ciascuno Stato si assume le proprie responsabilità nell’ottica di un processo migratorio sicuro, ordinato e regolare, in un contesto di impegno condiviso e collaborazione a livello globale. In tal senso, l’Agenda 2030 promuove una governance internazionale in materia di migrazioni, superando i limiti delle singole giurisdizioni e degli accordi tra Paesi. Inoltre, in ossequio al principio di “non lasciare nessuno indietro”, e nell’ottica di un’inclusività interconnessa che ispira l’Agenda, la tendenza è quella di giungere a una nuova immagine di migrazione, nella quale i concetti di migrazione interna/esterna, regolare/irregolare, volontaria/forzata perdono il proprio valore, per lasciare spazio alla necessità impellente di raggiungere ciascun individuo in qualsiasi parte del mondo, indipendentemente da fattori quali status, nazionalità, razza, ecc. L’Agenda, in effetti, non si limita soltanto a concetti quali “migranti” o “rifugiati”, ma utilizza termini come “persone”, “comunità” e “gruppi vulnerabili” in generale, che comprendono uomini, donne e bambini rifugiati, sfollati interni e migranti, considerati come soggetti vulnerabili che meritano particolare attenzione e assistenza e con esigenze che necessitano di essere soddisfatte.
Nell’osservare in maniera unitaria il fenomeno migratorio e gli obiettivi SDG, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni sottolinea che questa interpretazione alternativa di migrazione “[…] potrebbe anche permettere all’agenda sulla migrazione e lo sviluppo di smettere di concentrarsi soltanto sulle modalità in cui le donne e gli uomini migranti possono contribuire ai Paesi di Origine, facendo strada a una visione più olistica, che riconosce la migrazione come una realtà multisfaccettata in grado di apportare un contributo positivo ai risultati di sviluppo”.